
Roma, 19 febbraio 2021 – (di Monica Palermo) I Granatieri di Sardegna, la più antica specialità dell’Esercito italiano, con una messa hanno celebrato ieri 18 febbraio il 245° anniversario della morte di don Alberto Genovese, duca di San Pietro, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma, nel pieno rispetto delle norme anti-Covid.
La cerimonia è stata presenziata dal capo di Stato Maggiore dell’Esercito generale di corpo d’armata Salvatore Farina, dal consigliere del Presidente della Repubblica per gli affari del consiglio supremo di Difesa generale Rolando Mosca Moschini, dall’ex sottosegretario di Stato per la Difesa generale di corpo d’armata Domenico Rossi, dal comandante delle Forze Operative Sud generale di corpo d’armata Giuseppenicola Tota, dal presidente di ASSOARMA generale di corpo d’armata Mario Buscemi e dal comandante della Polizia locale di Roma Capitale dott. Ugo Angeloni, nonché autorità delle altre forze armate e di polizia.

Presenti le alte cariche della brigata Granatieri di Sardegna, il comandante della brigata, generale di brigata Liberato Amadio, il vice comandante della brigata colonnello Aniello Santonicola, il comandante del 1° rgt Granatieri di Sardegna, colonnello Giuseppe Diotallevi e il comandante del 2° battaglione Granatieri di Sardegna di Spoleto, tenente colonnello Gabriele Guidi, nonché il precedente comandante della brigata, generale di brigata Diego Filippo Fulco. Presente inoltre il comandante dei Lancieri di Montebello (8°) il colonnello Giuseppe Cacciaguerra.





La messa è stata officiata dal vicario generale dell’ordinariato militare per l’Italia monsignor Angelo Frigerio, dal cappellano militare don Pier Luca Bancale, dal diacono Franco Tolomei, generale di cavalleria, e da don Giuseppe Ganciu, nuovo vicario episcopale per l’Esercito Italiano.
Presenti alla celebrazione anche gli eredi del Duca di San Pietro.

Al termine della cerimonia il presidente dell’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, generale Giovanni Garassino, ha letto la “preghiera del Granatiere”.

Approfondimenti del granatiere Ernesto Bonelli
RIPETERE NON E’ INUTILE RETORICA
Oggi 18 febbraio 2021, i Granatieri di Sardegna non potevano non rispettare il disposto del lascito testamentario di Don Alberto Genovese, Duca di San Pietro, e lo hanno fatto nel solco delle tradizione e, come loro consuetudine, nell’osservanza del rigido protocollo imposto dalla disciplina militare pur nel rispetto delle norme anti – Covid.

Il protocollo d’altronde non poteva essere diverso in quanto questa tradizione da sempre, in qualsiasi situazione – guerra, pace, prigionia – o località sede, in Italia o all’estero per esigenze operative, delle Unità Granatieri, viene rinnovata, in quanto “ripetere non è una inutile retorica, ma il segno di una continuità di gratitudine e di memoria verso colui che ha voluto beneficiare il suo reggimento ed in suffragio di tutti i Granatieri che, in pace ed in guerra, sono deceduti” (Mons. Angelo Frigerio, nell’omelia).
Incantevole il quadro che si presentava nella maestosità della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma che, pur nella esiguità dei presenti, è sembrata gremita di persone, grazie anche al dettagliato e squadrato schieramento dei protagonisti della cerimonia del duca: gli eredi, i celebranti, le autorità, i comandanti di reggimento, ma, innanzitutto le bandiere del 1° e del 2° reggimento “Granatieri di Sardegna”, il medagliere nazionale dell’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, il catafalco con ai lati il picchetto nell’uniforme del 1776, data del lascito, dei fanti del Reggimento di Sardegna, il comandante del 1° reggimento, la musica d’ordinanza del 1° reggimento e le due compagnie Granatieri equamente distribuite ai lati della Basilica con i militari distanziati, nella bellezza della loro Grande Uniforme di rappresentanza per nulla “guastata” dalla mascherina sul volto.
Mancavano i vecchi Granatieri, ma solo “in presenza”, il loro cuore e loro testa, sebbene distanti, erano all’interno del Tempio.

Particolare attenzione hanno destato le parole pronunciate da monsignor Angelo Frigerio, Vicario Generale Militare, nel corso dell’omelia. Il celebrante ha infatti evidenziato “i valori di disciplina, rispetto e fraternità che la compagine militare insegna ai giovani cittadini”; valori di cui, oggi più che mai, la società ne abbisogna visti i tragici ultimi eventi. Ha inoltre posto l’accento “sul ruolo di presidio di riferimento per la civiltà della sicurezza” che le Forze Armate ogni giorno svolgono.
La Santa Messa è stata concelebrata da Don Giuseppe Ganciu, coordinatore dei Cappellani Militari dell’Esercito e da Padre PierLuca Bancale, Cappellano Militare della Brigata “Granatieri di Sardegna”, coadiuvati dal Diacono Franco Tolomei, Generale della riserva, proveniente dall’Esercito.
Un plauso al comandante della Brigata generale di brigata Liberato Amadio, al vice comandante della Brigata colonnello dei Granatieri Aniello Santonicola ed al comandante del 1° Reggimento “Granatieri di Sardegna” colonnello Giuseppe Diotallevi ed a tutto il personale dipendente per la granatieresca, austera ed armonica dimostrazione di disciplina e di intimo sentimento di spirito di appartenenza.





IL LASCITO di Don Alberto Genovese Deroma Duca di San Pietro e Carloforte
“L’anno del Signore 1776 al primo del mese di Agosto, circa alle ore 6 di Francia, alla sera in Torino …” , così inizia, come si può leggere da una copia dell’atto originale conservato nel Museo Storico dei “Granatieri di Sardegna”, in un cofanetto presso il salone d’onore, il documento stipulato tra Don Alberto Genovese Deroma Duca di San Pietro e Carloforte, Marchese del Castiglio, della Guardia, di Villa Erniosa e Santa Croce, Conte di Cagliari, Barone di Portoscuro, seguito da altri 19 titoli tra cui “Capitano d’Infanteria” e Don Gavino Paliaccio Marchese della Planargia allora comandante del Reggimento di Sardegna.
Il documento è costituito da 9 articoli. Nel primo viene sancita la creazione della Banda di Musica e della Massa di Pietà ed istituito un fondo di 100.000 lire vecchie di Piemonte la cui rendita annuale fissata a 4.000 lire dovrà servire lire 3200 alla manutenzione della Banda e per lire 800 alla Massa di Pietà, quest’ultima da impiegarsi quale “soccorsi da darsi dal Colonnello alle donne del Reggimento cariche di famiglia, orfani, vedove ed altri consimili opere pietose in soccorso dei più necessitosi dell’istesso corpo principiando dal Sergente fino al Soldato “. Inoltre sono stanziate altre 4.000 lire a favore della Banda “per supplire alle prime spese di vestiario, istrumenti ed altro”.


Nel secondo articolo il Duca si impegna a pagare entro un mese la somma di lire 8.000, 4,000 lire per le prime spese del vestiario, instrumenti ed altro. La somma di 4.000 lire per la Massa di Pietà e per il mantenimento della banda nel primo anno. Il fondo di 100.000 lire verrà invece versato in tre rate annuali di 33.333 lire 6 soldi e 8 denari. Questo capitale però non sarebbe stato percepito per intero se non dopo tre anni, il Duca si impegnò quindi a versare £. 4.000 annue fino alla costituzione del fondo stesso. Pertanto complessivamente il Duca in tre anni sì impegnò a versare 120.000 lire vecchie di Piemonte. Il terzo e quarto articolo contengono dettagli amministrativi atti ad onorare gli impegni assunti dal Duca negli articoli precedenti.

Con il quinto articolo Don Alberto dispone che annualmente sia celebrata dal cappellano del Reggimento una messa “in suffragio dell’anima del Signor Duca padre nel giorno dell’anniversario della morte, che avvenne il 15 Febbraio 1764, con intervento del Signor Colonnello, e cogli Ufficiali del Corpo, e col suono, e musica di detta Banda e con quelle pompe funebri Ecclesiastiche che stimerà il Signor Colonnello“. I fondi necessari per la celebrazione di tale cerimonia dovranno essere tratti dal reddito a favore della Massa di Musica. Inoltre Don Alberto dispose che dopo la sua morte, – che sarebbe avvenuta il 12 gennaio 1812 a Cagliari, come risulta dai “Quinque Librorum” – tale cerimonia sarebbe stata effettuata in suo onore e non più per il padre. Nel sesto articolo Don Alberto si riserva “la ragione e la facoltà, non trasmissibile ai suoi successori, di potersi valere della Banda e di nominare in caso di vacanza di qualche posto in detta Banda un soggetto abile“.
A mente del settimo articolo: “Tutti gli istrumenti per uso di detta Banda debbono esser marcati colle armi gentilizie di famiglia di Signor Duca”. Con il successivo articolo il Comandante di Reggimento viene delegato alla costituzione, entro tre mesi, della Banda “in quella miglior forma che stimerà esso“. Inoltre viene stabilito che la Banda “debba durare sempre finche durerà detto Reggimento” e qualora il reggimento fosse stato sciolto sua Maestà definirà
Nell’ultimo capitolo, il 9°, i due contraenti si impegnano a rispettare “i sovraesposti capitoli“.
Un anno dopo alla stipula di tale atto, e precisamente il 15 ottobre del 1777, il Duca di San Pietro si obbliga a vestire a sue spese il Tamburino Maggiore del Reggimento Sardegna e di provvedere ogni 6 anni a simile carico di vestiario da parata. A tal fine, stimata una spesa annua di 800 lire si impegna a versare una volta estinto il debito contratto con l’atto precedente, un fondo di 20.000 lire vecchie di Piemonte così che lo stesso possa fruttare, con un interesse annuo del 4%, la somma necessaria al mantenimento del Tamburino Maggiore, ovvero 800 lire annue.
Successivamente, con lo scioglimento del Reggimento Cacciatori di Sardegna e la successiva fusione dello stesso con il 1° e 2° Reggimento Granatieri, il fondo fu ceduto alla Brigata Granatieri di Sardegna.
Un documento dimostra lo stato patrimoniale del fondo, così come avvallato il 6 giugno 1852 dall’ultimo comandante del Reggimento Cacciatori di Sardegna tenente colonnello Enrico Cereale.
Ernesto Bonelli

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