
Roma, 11 settembre 2020 – Da qualche giorno militari della brigata Granatieri di Sardegna e del 6 reggimento Genio, con ruspe e camion stanno ripulendo l’area del Forte Tiburtino, lasciata incolta per parecchio tempo.
Il Forte Tiburtino, ubicato all’interno della caserma A. Ruffo, sede del Reparto comando e supporti tattici dei Granatieri di Sardegna, per anni abbandonato, sta avendo nuovo lustro grazie ai lavori di bonifica al comando del tenente colonnello Alessandro Passaseo della Granatieri.
La brigata Granatieri di Sardegna in accordo con lo Stato Maggiore dell’Esercito ha deciso questa bonifica al mero fine di restituire la bellezza ab origine di questo fortino.
Militari con ruspe e camion trasportano da giorni la terra per ripulire l’area travolta da una folta vegetazione cresciuta negli anni, un’area di grande interesse storico per la città di Roma.
Il forte Tiburtino, che si estende su una superficie di circa 24 ettari, fu costruito tra il 1880 e il 1884 e per realizzarlo vennero spese Lire 1.253.376.
Unico del suo genere, per la possibilità di schieramento di militari e postazioni difensive, è l’unico che conserva la struttura fortificata originaria complete, senza quindi alterazioni dovute a variazioni d’uso successive alla dismissione funzionale avvenuta nei primi anni del ‘900. Anche successivamente, quando fu concesso in uso ad un reggimento carri negli anni ’40 e ad un Reparto Bersaglieri nel dopoguerra, non ha subito evidenti modifiche e gli tutti gli ambienti sono rimasti conformi al progetto originale. Fu dismesso negli anni ’80 del secolo scorso.
Il forte, ubicato al quarto km della via Tiburtina, ha una forma di trapezio isoscele con le due fiancate che hanno un’angolazione di 120° rispetto all’esterno e 60° rispetto al lato verso la città di Roma. Tutto intorno un fossato di 7,50 mt che era con continuo controllo armato era protetto da postazioni di fucilieri e difeso, sui tre lati esterni, da postazioni scoperte di artiglieria.
APPROFONDIMENTI sul forte Tiburtino
(redatto da un iscritto all’ANGS di Roma esperto in storia dei Granatieri di Sardegna, traendo spunto dai volumi “I forti di Roma” di Michele Carcani e “Il Forte di Pietralata. L’esercito nella tutela del patrimonio storico e ambientale” di Armando Iones – Angelo Piergentili)
Perché vennero costruiti i forti a Roma
Il 1° luglio 1871 Roma venne proclamata capitale del Regno d’Italia, e già nel novembre dello stesso anno il Parlamento esaminò un progetto della Commissione permanente per la Difesa generale dello Stato, datato 11 luglio 1871, che prevedeva la costruzione: di una cittadella fortificata su Monte Mario, di 7 forti di primo ordine e 16 forti staccati di secondo ordine, e in più di rafforzare l’esistente cinta muraria intorno a Roma.
Seguiranno altri studi e progetti tendenti soprattutto, a contenere la spesa ritenuta eccessiva. Nell’aprile del 1873 – qualche mese dopo sarà approntato il primo piano regolatore di Roma capitale – con un progetto compilato dalla Giunta della Camera dei Deputati si giunse a ridurre il preventivo di spesa per la realizzazione del campo trincerato, comprendendovi la costruzione di una cinta di forti staccati e sempre il potenziamento della cinta muraria esistente.
Nell’ottobre dello stesso anno la Direzione del Genio Militare, per incarico del ministero della Guerra, presentò un progetto in cui si proponeva l’erezione di forti e batterie occasionali.
L’inasprirsi delle relazioni politiche con tutta l’Europa, in special modo con la Francia, dalla quale si temeva un attacco finalizzato alla restaurazione del potere papale e dello Stato Pontificio, influì fortemente sulla necessità di fortificare Roma, così nell’agosto del 1877, si dispose per legge la realizzazione del campo trincerato della capitale.
La progettazione venne messa a punto nell’ottobre dello stesso anno e nel periodo a cavallo tra il novembre e il dicembre successivi iniziò la costruzione dei forti: Monte Mario, Braschi, Boccea, Aurelia Antica, Bravetta, Portuense e Appia Antica. Nel 1879, iniziarono i lavori per la costruzione dei forti Ardeatina, Casilina, Prenestina, Tiburtina, Pietralata e Monte Antenne.
Con Regio Decreto 1° novembre 1882 venne dato loro un nome.
I forti di Roma sono dislocati ad una distanza dai 2 ai 5 chilometri dalle mura antiche della città. Per essi si scelsero posizioni che si considerarono opportune e atte a difendere le probabili vie di accesso alla città. Uno degli elementi fondamentali posti a base del progetto era che tra essi fosse necessario stabilire un collegamento visivo e perseguire soluzione di continuità della cintura di fuoco.
Tutte le strutture del Campo trincerato di Roma furono, però, poco o per nulla utilizzate. La loro ultimazione coincise infatti con la profonda crisi morale ed economica sofferta dall’Italia dopo il fallimento dell’impresa in Abissinia (1895 – 1896), che stornò da questi impianti le risorse finanziarie necessarie. Inoltre l’eccessiva vicinanza alla città e l’evoluzione dei sistemi balistici a maggiore gittata che li avrebbero facilmente scavalcati, li resero militarmente superati. Furono, pertanto, utilizzati come caserme e depositi militari.

La storia del forte Tiburtino
Il Forte Tiburtino fu costruito a circa quattro chilometri dalla Porta Viminale di Servio, in prossimità dell’attuale Stazione Ferroviaria, a ed a cinquecento metri sulla destra della via Tiburtina, nella tenuta di Grotte di Gregna, alla distanza di due chilometri a Nord Ovest di Forte Prenestino. Al momento della costruzione con il fuoco era in grado di battere la Tiburtina ed il ponte sull’Aniene. La sua planimetria è a forma trapezoidale isoscele, con il fronte esterno e quello di gola rettilinei e con i due fianchi con un’angolazione di 120 gradi rispetto all’esterno e 60 gradi rispetto al lato verso la città. Il fossato, della stessa dimensione sul fronte, fianchi e gola (metri 7.50), su ogni lato del forte era protetto e controllato da postazioni continue per fucilieri e difeso, sui tre lati esterni, da postazioni scoperte di artiglieria. Il progetto planimetrico, comprensivo di tutti gli elementi difensivi possibili, porta a ritenerlo uno dei forti più efficienti e validi.
Il 9 giugno 1924 divenne sede del “Reparto carri armati”, prima Unità carrista italiana, costituita nel 1923, ed il 1º ottobre 1927 in esso venne costituito il “Reggimento carri armati”. Nel secondo dopoguerra, esattamente il 1º gennaio 1953 all’interno del Forte, denominato Caserma Albanese Ruffo, in onore del Capitano medaglia d’oro al valor militare dei bersaglieri Albanese Ruffo, effettivo nel 1941 all’VIII° Battaglione Bersaglieri Corazzato ed ucciso in combattimento a Got el Ualeb il 29 maggio dello stesso anno, venne ricostituito il 1º Reggimento Bersaglieri che quando si trasferì ad Aurelia, lasciò in loco il Battaglione Addestramento Reclute dei Bersaglieri.
Il 30 settembre 1976 la Caserma divenne sede del 2° battaglione Granatieri “Cengio” e quando quest’ultimo, ormai 2° Reggimento “Granatieri di Sardegna”, nel 1996 si trasferì in Spoleto, divenne sede, e lo è tuttora, del Reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata “Granatieri di Sardegna”.

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