di Massimo Meinero
Orvieto, 23 novembre 2015 – Si è svolta il 22 novembre la cerimonia per l’XI anniversario dalla morte di padre Gianfranco Chiti, con una messa nel Duomo di Orvieto. Di seguito la testimonianza del granatiere Massimo Meinero sulla storia di Padre Chiti. Completano la testimonianza le foto dei granatieri nel duomo durante la celebrazione di quest’anno.
Il mio primo ricordo di Padre Gianfranco Maria Chiti risale al periodo in cui frequentavo in qualità di Allievo Ufficiale l’Accademia Militare di Modena. Era il 1979 e durante la cerimonia per ricordare i quarant’anni dall’ingresso nell’Istituto del 82° Corso “Fede” (1939) vidi un frate dalla figura elevatissima che, sul saio, indossava un colletto rosso con gli alamari bianchi. Mi parve strano trovare, tra quei distinti signori tutti abbigliati in abito scuro, un frate francescano in sandali e piedi nudi con i simboli della più antica specialità della fanteria italiana.
Divenuto Capitano dei Granatieri di Sardegna, nel 1986-1988 fui assegnato alla 32a compagnia autonoma Controcarri “Granatieri di Sardegna” con sede a Civitavecchia. Il Reparto era l’erede delle tradizioni delle unità dei Granatieri dotate di cannoni controcarri da 47/32 e che parteciparono alle operazioni belliche in Russia e in Africa Settentrionale nel 1942-43.
Con queste premesse ebbi una seconda occasione di incontrare Padre Chiti durante gli annuali raduni che i suoi ex commilitoni reduci dal fronte russo organizzavano nelle cittadine del Lazio. Inoltre, il 18 febbraio di ogni anno a Roma nella basilica di Santa Maria Maggiore i Granatieri partecipano a una tradizionale S. Messa di suffragio in memoria di un loro munifico Comandante di Reggimento il don Bernardino Genovese duca di San Pietro.
Ad officiare il rito trovai Padre Chiti che con voce ieratica ci richiamava ai valori del cristianesimo e ce li trasfondeva in quelli che sovraintendono la vita militare. Nel 1997-99 ebbi ancora l’occasione di frequentare il mitico frate direttamente al convento di San Crispino in Orvieto. Infatti, mentre comandavo il battaglione presso il 3° Reggimento Guardie della caserma Piave spesso raggiungevo il convento e trascorrevo qualche momento di raccoglimento insieme a Padre Chiti.
Il giorno in cui venne soppresso il 3° Rgt. Granatieri Guardie, terminata la mesta cerimonia presso la caserma Piave portai tutta la mia famiglia a trovare Padre Chiti che ci accolse con la consueta affettuosità. Infine, dopo altri incontri avvenuti durante i raduni dei Granatieri in varie località italiane, che Padre Chiti instancabile raggiungeva a bordo della sua piccola FIAT 126 rossa, ho avuto il privilegio di salutarlo mentre si trovava ricoverato presso l’Ospedale Militare del Celio pochi giorni prima della sua… “andata avanti”!
Nel frattempo ero divenuto il Colonnello Comandante del 1° Reggimento “Granatieri di Sardegna” e mi recai al nosocomio in uniforme. Padre Chiti mi riconobbe e mi salutò commosso tributandomi degli immeritati onori che mi misero in forte imbarazzo. Ovviamente, pochi giorni dopo, partecipai con tanti Granatieri alle sue esequie avvenute nel Duomo di Orvieto.
Spero proprio che la causa di beatificazione di Gianfranco Maria Chiti termini presto e con giudizio positivo. Di lui ricordo una frase che spesso pronunciava durante le sue trascinanti omelie mentre celebrava la Santa Messa. Ci raccontava che durante il suo servizio in Russia nei poveri villaggi si trovavano solo le donne con i bambini, gli uomini o erano al di là del fronte inquadrati nell’Armata Rossa oppure erano nascosti nelle retrovie e militavano nelle agguerrite formazioni partigiane. L’allora giovane e imponente Ufficiale dei Granatieri partecipava alle funzioni religiose officiate dal pope del villaggio e quest’ultimo si rivolgeva all’icona che effigiava Nostro Signore dicendo (Padre Chiti pronunciava le invocazioni in russo)…. “Dio aiutaci” e poi, subito dopo: “Dio, Ti ringraziamo”.
Ecco, io come Granatiere ringrazio Dio di averci donato Padre Chiti come nostro speciale Assistente spirituale e prego Padre Chiti di continuare ad aiutarci vegliando su di noi e sui nostri cari.
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